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L'atto creativo nell'epoca
dell'autodistruzione

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"Come interpretare o dare senso al mondo quando il mondo in quanto tale si manifesta in modo cataclismatico, sotto forma di disastro?"
Eugene Thacker, In the dust of this planet, 2011

Il nostro è un mondo complesso generato dalla continua interazione reciproca di sistemi naturalmente dialoganti ma anche diversi, lontani, contrastanti, antagonisti, biologici, ibridi o artificiali e immateriali - come l'economia e l'etica. Da questa interazione emerge il paradigma della complessità trans-genetica (che mette insieme geni differenti), il cui movimento protende comunque verso la vita, anche a scapito di forme che cedono il passo o soccombono. In virtù di questo continuo movimento, il paradigma della complessità diviene, nella sua infinita ripetizione, una forma collaborativa di semplicità ("La complessità non è una condizione da domare e controllare: è una lezione da imparare", afferma James Bridle). Il movimento vitale del sistema, con tempi che non ci riguardano direttamente perché troppo dilatati e non "umani", tende sempre all'omeostasi: all'interno di questo processo, la catastrofe, in un certo senso, è una forma di rinascita interna al sistema stesso, un suo intervento per proseguire.

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"La più grande e potente emozione dell'umanità è la paura, e la più antica e potente delle paure è la paura dell'ignoto"
H. P. Lovecraft

Antropocene è il termine - oggi diventato ubiquo - con il quale l'uomo ha certificato l'impatto della sua azione sul pianeta, inaugurando una nuova epoca geologica. Questa trova nella rete - sostiene Bridle - la metafora ideale: impossibile da ridurre a unità discrete, non-locale e "intrinsecamente contraddittoria", la rete rende il nostro presente illeggibile a ogni tentativo di decodificazione unitaria.
Dopo aver superato il limite dello sviluppo, la crisi globale dell'ultimo decennio ha contagiato le strutture sociali, culturali, produttive e politiche, svelando l'inganno della crescita illimitata: cambiamento climatico, disuguaglianze crescenti, conflitti planetari, emergenze sanitarie sembra abbiano fatto abbandonare alla distopia il territorio dell'immaginario per tradursi nel reale; o, ancora più gravemente, rinnovano il topos della fine del mondo. La coscienza del limite dovrebbe spingere l'azione umana a interrompere il flusso prestabilito di bisogni indotti. L'incapacità di agire trova le sue ragioni nel dominio del pensiero economico (mai al servizio di necessità oggettive), paralizzando quello ecologico che invece avrebbe la possibilità di superare il limite proiettandosi nel futuro. Le crisi ambientali impongono scosse con impatto incrementale sulle forme di vita, accelerando e assottigliando sempre più il margine di manovra degli esseri umani.
L'ultimo capitolo di questa genealogia della crisi è stato scritto dalla recente emergenza sanitaria determinata dalla pandemia di Covid-19. Fra i numerosi profili che questa situazione senza precedenti ha ridefinito, uno dei più manifesti ha interessato la natura, che ha riaffermato con voce potente la propria presenza negli spazi abbandonati dall'uomo. Il risveglio della natura è stato uno dei tropi ricorrenti nella retorica che ha accompagnato questo momento storico: le sue immagini saranno forse la parte più conciliante del corredo iconografico di questa crisi globale. La sua controparte ha visto la presa di coscienza della vulnerabilità dell'essere umano, ponendo l'accento sulla necessità della sua coesistenza con le altri componenti del sistema cui appartiene: nessuno vive ovunque, tutti vivono da qualche parte; niente è connesso a tutto, tutto è connesso a qualcosa.
In questo scenario, quello che rimane da capire è "la risposta che noi - tutti noi che apparteniamo a questa storia - saremo in grado di creare mentre affrontiamo le conseguenze di ciò che abbiamo provocato", come scrive Isabelle Stengers. Benvenuti nella Nuova era oscura.

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"Vi dirò subito che non esiste una definizione di arte. Ogni tentativo di definizione si sgretola non appena viene a contatto con il suo enunciato, proprio come accade per l'arte, che non smette di oscillare tra perdita e rinascita"
Anselm Kiefer, "Lezione inaugurale" in L'arte sopravviverà alle sue rovine, Feltrinelli, 2018

Non sembra ancora possibile uscire dalle strettoie del pensiero per ogni ipotesi critica che voglia misurarsi con le implicazioni che questa crisi ha avuto sulla sfera estetica. In questa catastrofe, l'atto creativo cerca di ridefinire la propria essenza sempre più come atto di resistenza (Deleuze): esso sa innescare micro-trasformazioni, con l'obiettivo non tanto di generare un cambiamento ma di saperlo immaginare. In tale capacità si muovono le arti dando forma alle visioni, superando i confini teorici, rigenerando quindi un pensiero che può creare alleanze inedite tra uomini, comunità, luoghi e altre specie, in un insieme di cura che abbraccia tutte le complessità. Cosa vede l'arte oltre le rovine? Su questo interrogativo la Scuola di Nuove Tecnologie dell'Arte dell'Accademia di Belle Arti di Urbino vuole orientare la propria riflessione nell'anno accademico 2020-2021. Il programma è sinteticamente racchiuso nell'intitolazione: (n)ext condensa, come in una formula matematica, l'idea di ciò che è prossimo, il futuro, con la proiezione verso l'esterno e l'estensione. Il sottotitolo - L'atto creativo nell'epoca dell'autodistruzione - definisce icasticamente il campo d'indagine.

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Presentazioni

Riferimenti

“Non esistono documenti lasciati da alcuna civiltà che non siano anche, allo stesso tempo, documenti di barbarie”
Walter Benjamin

Kitchen139, Ten-day Communal Kitchen Experiment, 2011

Parallel school, 2009-

Alberto Vázquez, Decorado, 2016

Allison Schulnik, Mound, 2011

Nicholas de Pencier, Anthropocene:The Human Epoch, 2018

Coline Serreau, Il Pianeta Verde, 1996

Scuola di Nuove Tecnologie dell'Arte
Accademia di Belle Arti di Urbino
a.a. 2020 - 2021

Tema Monografico a.a. 20-21
"(n)ext — L'atto creativo nell'epoca dell'autodistruzione"
Ideazione e coordinamento:
Prof. Marcello Signorile
Comitato scientifico:
Prof. Simone Ciglia,
Prof. Emilio Macchia,
Prof.ssa Beatrice Pucci
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