Il nostro è un mondo complesso generato dalla continua interazione reciproca di sistemi naturalmente dialoganti ma anche diversi, lontani, contrastanti, antagonisti, biologici, ibridi o artificiali e immateriali - come l'economia e l'etica. Da questa interazione emerge il paradigma della complessità trans-genetica (che mette insieme geni differenti), il cui movimento protende comunque verso la vita, anche a scapito di forme che cedono il passo o soccombono. In virtù di questo continuo movimento, il paradigma della complessità diviene, nella sua infinita ripetizione, una forma collaborativa di semplicità ("La complessità non è una condizione da domare e controllare: è una lezione da imparare", afferma James Bridle). Il movimento vitale del sistema, con tempi che non ci riguardano direttamente perché troppo dilatati e non "umani", tende sempre all'omeostasi: all'interno di questo processo, la catastrofe, in un certo senso, è una forma di rinascita interna al sistema stesso, un suo intervento per proseguire.
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Antropocene è il termine - oggi diventato ubiquo - con il quale l'uomo ha
certificato l'impatto della
sua azione sul pianeta, inaugurando una nuova epoca geologica. Questa trova nella rete - sostiene Bridle
- la metafora ideale: impossibile da ridurre a unità discrete, non-locale e "intrinsecamente
contraddittoria", la rete rende il nostro presente illeggibile a ogni tentativo di decodificazione
unitaria.
Dopo aver superato il limite dello sviluppo, la crisi globale dell'ultimo decennio ha contagiato le
strutture sociali, culturali, produttive e politiche, svelando l'inganno della crescita illimitata:
cambiamento climatico, disuguaglianze crescenti, conflitti planetari, emergenze sanitarie sembra abbiano
fatto abbandonare alla distopia il territorio dell'immaginario per tradursi nel reale; o, ancora più
gravemente, rinnovano il topos della fine del mondo. La coscienza del limite
dovrebbe spingere l'azione
umana a interrompere il flusso prestabilito di bisogni indotti. L'incapacità di agire trova le sue
ragioni nel dominio del pensiero economico (mai al servizio di necessità oggettive), paralizzando quello
ecologico che invece avrebbe la possibilità di superare il limite proiettandosi nel futuro. Le crisi
ambientali impongono scosse con impatto incrementale sulle forme di vita, accelerando e assottigliando
sempre più il margine di manovra degli esseri umani.
L'ultimo capitolo di questa genealogia della crisi è stato scritto dalla recente emergenza sanitaria
determinata dalla pandemia di Covid-19. Fra i numerosi profili che questa situazione senza precedenti ha
ridefinito, uno dei più manifesti ha interessato la natura, che ha riaffermato con voce potente la
propria presenza negli spazi abbandonati dall'uomo. Il risveglio della natura è
stato uno dei tropi
ricorrenti nella retorica che ha accompagnato questo momento storico: le sue immagini saranno forse la
parte più conciliante del corredo iconografico di questa crisi globale. La sua controparte ha visto la
presa di coscienza della vulnerabilità dell'essere umano, ponendo l'accento sulla necessità della sua
coesistenza con le altri componenti del sistema cui appartiene: nessuno vive ovunque, tutti vivono da
qualche parte; niente è connesso a tutto, tutto è connesso a qualcosa.
In questo scenario, quello che rimane da capire è "la risposta che noi - tutti noi che apparteniamo a
questa storia - saremo in grado di creare mentre affrontiamo le conseguenze di ciò che abbiamo
provocato", come scrive Isabelle Stengers.
Benvenuti nella Nuova era oscura.
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Non sembra ancora possibile uscire dalle strettoie del pensiero per ogni ipotesi critica che voglia
misurarsi con le implicazioni che questa crisi ha avuto sulla sfera estetica. In questa catastrofe,
l'atto creativo cerca di ridefinire la propria essenza sempre più come atto di resistenza (Deleuze):
esso sa innescare micro-trasformazioni, con l'obiettivo non tanto di generare un cambiamento ma di
saperlo immaginare. In tale capacità si muovono le arti dando forma alle visioni, superando i confini
teorici, rigenerando quindi un pensiero che può creare alleanze inedite tra uomini, comunità, luoghi e
altre specie, in un insieme di cura che abbraccia tutte le complessità.
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